Nell’agenda di inizio anno degli addetti ai lavori non potranno mancare tutte le attività prodromiche alla quantificazione definitiva (e corretta) del credito d’imposta per l’attività di R&S svolta nel 2016. In tale contesto, tra i diversi adempimenti per il riconoscimento dell’agevolazione, spicca l’obbligo di redigere la certificazione documentale prescritta dalla normativa dettata in materia. Al riguardo giova ricordare che – a mente del secondo comma dell’art 4 del DM 27 maggio 2015 – le imprese non assoggettate all’obbligo di revisione legale dei conti possono usufruire di un credito d’imposta nella misura massima di 5.000 euro in rapporto alle spese sostenute per l’attività di certificazione contabile finalizzata al bonus ricerca. Con la duplice finalità di non vedersi negata l’agevolazione e di usufruire del credito d’imposta anche per la certificazione, la norma prescrive che la documentazione contabile inerente alle spese ammissibili dovrà essere sottoposta a certificazione da parte di un “soggetto incaricato delle revisione legale o da un professionista iscritto nel Registro dei revisori legali”.
Tale certificazione deve tra l’altro essere allegata al bilancio d’esercizio nel quale siano inclusi gli investimenti sostenuti ai fini dell’ottenimento del credito d’imposta per R&S. Con la circolare n. 5/e del 16 marzo 2016, l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcune precise raccomandazioni sui contenuti di questa certificazione. Nell’occasione, in particolare, viene sottolineato che sono tenuti all’adempimento in esame soltanto i soggetti nei confronti dei quali in virtù della normativa vigente non opera l’obbligo di certificazione del bilancio. Viceversa, gli altri soggetti – vale a dire quelli obbligati alla certificazione di bilancio – “sono esonerati” da tale obbligo, ma non dall’onere (pena l’esclusione dal beneficio fiscale in commento) di predisporre la documentazione idonea a dimostrare la spettanza del credito d’imposta.
Le considerazioni che precedono impongono una riflessione. Da quanto detto, ad esempio, consegue che in via precauzionale nella relazione di certificazione per questi soggetti esonerati sarebbe comunque opportuno dedicare – all’interno della relazione elaborata ad esempio dal Collegio sindacale per l’approvazione del bilancio – un’apposita sezione sulla spettanza del credito d’imposta per R&S. Si ricorda inoltre che anche le imprese individuali, a prescindere dal regime contabile adottato, devono comunque redigere la certificazione de qua, con tutte le difficoltà conseguenti, che emergono in tutta evidenza qualora si tratti di soggetti in contabilità semplificata. Tant’è che questa certificazione non deve necessariamente ricalcare le relazioni classiche di revisione del bilancio, posto che in capo al certificatore è riconosciuta la facoltà di optare per la redazione del documento in forma libera, semprechè risulti soddisfatta l’esigenza di attestare “la regolarità formale della documentazione contabile e dell’effettività dei costi sostenuti”. Rispetto al contenuto, la relazione dovrà pertanto evidenziare quanto segue:
a) gli investimenti realizzati nel periodo d’imposta e la loro includibilità formale nell’ambito della R&S;
b) gli investimenti sostenuti nel triennio 2012-2014; l’esistenza e la correttezza formale dei documenti che attestano quanto riportato nei precedenti punti a) e b);
c) i fogli di lavoro e la documentazione di cui all’art. 7, comma 5, del citato DM 27 maggio 2015 (ovvero i costi del personale e i relativi fogli di lavoro/presenza, la documentazione inerente gli strumenti e le attrezzature utilizzate nell’ambito della R&D, ivi inclusa la dichiarazione del legale rappresentante sul loro reale e concreto utilizzo, i contratti di ricerca).
Sotto questo profilo, si noti che relativamente alla reportistica delle spese del personale sostenute nel 2016 vengono meno le semplificazioni previste per l’annualità precedente; e) il rispetto del principio della competenza di cui all’art. 109 del Tuir, criterio reso applicabile in virtù dell’art. 4, comma 1, del decreto ministeriale da ultimo richiamato. Quest’ultimo aspetto appare particolarmente complesso nel caso in cui l’imprenditore non determini il proprio imponibile in modo analitico con l’adozione del criterio di competenza: in dette circostanze, invero, si dovrà procedere alla previa identificazione delle spese ammissibili in via extracontabile, partendo dalla documentazione fiscale / contabile in possesso dell’impresa.
Nessun controllo, invece, il certificatore dovrà svolgere rispetto alla qualità “sostanziale” dell’investimento, ovvero se lo stesso possa o meno rientrare fra le spese agevolabili. AI fini temporali, per la redazione della certificazione sono prospettabili almeno due situazioni: a) per i soggetti che non sono tenuti all’approvazione del bilancio, il documento dev’essere predisposto entro i 120 giorni dal termine del periodo d’imposta; b) per i soggetti che, viceversa, approvano il bilancio d’esercizio, la certificazione dovrà essere predisposta entro tale data.
di Stefano Mazzocchi
Fonte: il sole 24 ore